martedì 3 luglio 2012

Le nostre interviste - LORENZO POLI



Con lui mi è successo quello che in genere capita solo coi “grandi”... con i veri “grandi”: mi preparo per alcuni giorni alla sua intervista, leggo e ascolto materiale in internet, mi informo su tutto ciò che può riguardare la sua carriera artistica, cerco di carpire informazioni sulla persona, provo a farmi un’idea del carattere, mutuata anche da un breve incontro che ci ha visto insieme ad una cena lo scorso anno, preparo una scaletta delle domande che so che verrà puntualmente stravolta in fase di dialogo... insomma, faccio più o meno quello che si fa in genere quando ci si appresta a incontrare un artista, un professionista di un dato settore, in questo caso quello musicale. E non faccio mistero anche di una buona dose di emozione e soggezione che mi è stata appresso nel breve tragitto da casa mia a casa sua. Arrivo nel suo studio e due fugaci minuti dopo, la sua gentilezza, la sua disponibilità, la sua semplicità mi hanno già fatto scordare di tutto quello che sfavilla intorno al suo curriculum, nomi illustri, stadi gremiti, Sanremo.... e mi sembra di essere a conversazione con un amico di vecchia data, con cui è tanto tempo che ho voglia di parlare, di confrontarmi, e da cui so che mi accomiaterò più ricco di quanto lo fossi prima di rivederlo. Già, e una parte di questa ricchezza la voglio donare anche a voi...

Lorenzo, quando e come nasce il tuo rapporto con la Corale e in generale col mondo del Gospel?

Ho conosciuto Francesco la prima volta in occasione di una sostituzione per un una serata. Non ricordo se a chiamarmi e a parlarmi del progetto fu Pino di Pietro piuttosto che Marco Mangelli... Ricordo che appunto c’era la necessità di un bassista e fu fatto il mio nome. Conoscevo già la Corale Valla e l’attività dei ragazzi, sebbene non avessi mai preso parte attivamente a questo genere musicale prima di allora, a parte forse qualche esperienza sporadica in contesti molto meno strutturati artisticamente, di cui tra l’altro non ricordo quasi nulla. Poi in seguito il rapporto si è consolidato e Francesco mi ha fatto ascoltare e conoscere molti pezzi e molte realtà che fanno Gospel a grandissimi livelli, oltre oceano soprattutto. Ma la possibilità di fare esperienza nel Gospel italiano, in un certo modo e con un progetto artistico e anche discografico ben definito, la devo proprio ai ragazzi della Corale.

Valla Reunion - 2010

Senti, e il tuo rapporto con la musica, più in generale, è nato grazie ad una folgorazione, ad un incontro improvviso con uno strumento, con una canzone, con un musicista... oppure si è sviluppato più gradualmente?

Mi sono avvicinato al mondo della musica in maniera graduale e assolutamente naturale, perché vengo da una famiglia di musicisti. Pensa che mia nonna è stata una pianista, era diplomata in pianoforte e in canto, era soprano, e ti dico che all’epoca, quando era giovane, non ebbe vita facile in tal senso, stiamo parlando di decenni e decenni fa... Mia mamma invece ha sviluppato la vena artistica in un senso più vasto, dedicandosi non solo alla musica ma anche alla scrittura, alla pittura, ha fatto la bambolaia, è una autrice di testi di canzoni e di racconti, insomma è un’artista poliedrica. Per cui fin da piccoli, io e mio fratello, abbiamo respirato aria di musica, grazie alla nonna che iniziò presto a insegnarci un po’ di solfeggio, e alla mamma che suonando la chitarra, ci fece venire voglia di prendere in mano uno strumento musicale. Devo dire che la conoscenza della musica dei miei genitori fece si che fin da subito, per quanto il primo approccio maturò un po’ per gioco, lo studio avvenisse in maniera corretta e seria, grazie alla scelta di validissimi maestri come Giancarlo Dalla Casa, il mio primo maestro di chitarra classica e Luigi Costa, maestro di fisarmonica per mio fratello.

E il basso, quando è entrato in gioco?

Beh, sempre grazie alla mamma, che ci ha sempre detto che un bravo musicista deve saper suonare un po’ di tutto. I dischi che si ascoltavano in casa, di ogni genere e di ogni epoca, mi fecero venire voglia di conoscere e capire tutti gli aspetti musicali di ciò che ascoltavo, tra cui il basso, uno strumento che in genere si sente meno, che rimane più lontano rispetto allo spettro della voce, nel complesso dell’esecuzione, e che di conseguenza risulta sempre un po’ più “sotto”, ad un ascolto profano”, rispetto agli altri strumenti, a meno che qualcuno non ti faccia notare la sua presenza... Poi la conoscenza e lo studio si sono via via approfonditi. Ricordo che mio fratello comprò il primo quattro piste a cassette che uscì in commercio, nel ‘78 o ‘79, e con quello registravamo le basi in casa, con la chitarra, la batteria elettronica e le tastiere, solo che mancava sempre il basso, a meno che non usassimo la chitarra scordata!!! - ride- Sicché a un certo punto decidemmo di comprare anche il basso, e quando iniziai a suonarlo, fu subito innamoramento...

1982 - una delle prime registrazioni in Studio

Dobbiamo ringraziare anche tuo fratello allora...
Per la tua musica, per il suo aspetto creativo, che cos’è fonte di ispirazione? La religione, l’amore per la vita... c’è una componente, diciamo, “ispirazionale” alla base della tua cifra artistica?

Assolutamente. Sono di carattere una persona molto credente, ho una fede molto solida, sebbene non l’abbia mai coinvolta nella mia musica e abbia cercato di tenere le due cose separate. Invece mi sono sempre adoperato per fare musica con vitalità, qualunque cosa mi sia trovato a scrivere e suonare negli anni. L’aspetto “vitale” e non statico del suonare, l’aspetto emotivo hanno sempre contraddistinto la mia ricerca musicale, l’esperienza che ho maturato. E me ne sono reso conto col passare degli anni, inizialmente era più un meccanismo spontaneo, che solo col tempo si è consolidato ed è diventato il principale obiettivo per cui faccio quello che faccio, specialmente nella fase creativa del fare musica, che è la cosa più bella, per quanto mi riguarda.

A tale proposito, tu hai lavorato con grandissimi nomi della musica, in trasmissioni televisive importanti, nell’ambito di produzioni e contesti musicale prestigiosi in cui sei stato protagonista in quanto bassista... ecco, come si può coniugare, in questo frangente musicale, l’aspetto creativo, ispirato... con quello tecnico, con la componente più squisitamente “turnistica”, che spesso non consente una profusione libera di creatività e individualismo?

Guarda, io sono sempre stato abituato a suonare con gli altri e per gli altri, per cui la mia priorità non è mai stata quella di far emergere la mia presenza, la mia individualità. E’ poi ovvio che qualunque strumento tu suoni una parte di te emerga comunque. Ciò a cui aspiro, quando suono, è suonare bene il basso nel contesto della canzone, accompagnando bene i musicisti con cui lavoro. Quello che serve, in un brano, è una linea di basso decisa, piuttosto che un bassista estroso o dotato di una personalità particolarmente evidente. Quando poi suoni con artisti che hanno alle spalle decenni di carriera e venti o trenta dischi, la tua creatività e il tuo individualismo si devono un po’ mettere da parte a favore della visione di insieme, di un linguaggio artistico già di per sé individuale e presente, che tu sei semplicemente chiamato ad accompagnare ed arricchire. La particolarità, in questo caso, non deve mai essere più importante di una bella suonata, corretta e precisa. Se posso usare un paragone un po’ machista: una donna particolare, non bellissima ma originale, può piacere come non può piacere. Una donna oggettivamente bella, piace sempre e comunque e mette d'accordo tutti... - ridiamo, lui più di me però... -
La storia del basso è molto recente: parliamo di uno strumento che ha una cinquantina d’anni di vita e che si è sviluppato in maniera strettamente correlata alla storia della canzone, al concetto di accompagnamento musicale, al percorso che fatto il Rithm'n'Blues... Per cui il suo mondo, il suo linguaggio sono molto vicini a noi contemporanei e c’è, nel musicista, ancora molta sete di conoscenza ed esplorazione dello strumento in sé, ma in rapporto alla canzone, alla melodia con cui interagisce. Quando ci si allontana troppo dalla sua componente più tradizionale, più tecnica, si rischia di apparire fuori luogo. Per carità, ho conosciuto bassisti straordinari che hanno intrapreso un percorso di ricerca molto personale e assolutamente degno di rispetto, che ha portato alla definizione di nuovi stili e ha allargato molto il linguaggio dello strumento. Strumento riguardo al quale, però, io sono più un tradizionalista.

San Remo 2011 (ma anche 2010 e 2012)

Per tornare alle grandi personalità della musica italiana con cui hai lavorato, tra cui Vasco Rossi, Ron, Enrico Ruggeri, Franco Battiato, Renato Zero... cosa ti hanno “lasciato”, di più, queste conoscenze che immagino siano state estremamente formative e pregnanti non solo sul piano artistico ma anche su quello personale?

Sono tutti artisti eccezionali. Musicalmente parlando, Ron è uno di quelli che mi ha fatto appassionare di più per via della sua straordinaria capacità di tramutare in note gli aspetti emotivi, qualità che ogni artista dovrebbe possedere e che Ron ha sviluppato in maniera particolare ed estremamente raffinata... Renato Zero... beh... è un artista immenso, di una completezza straordinaria, è in grado di far uscire arte da tutti i pori, oltre che essere un cantante eccezionale. Con Renato tra l’altro ho fatto il mio primo turno, ho avuto la mia prima esperienza importante, quando avevo vent’anni e mi sentivo uno scricciolo dinanzi a una montagna...
Vasco Rossi è un “purosangue”, un artista che si è sempre espresso con la sua musica e che ha sempre avuto la capacità di convogliare nelle canzoni le emozioni della gente, il sentire popolare... insomma, posso dire di aver preso parte a straordinari momenti di creatività artistica, di cui mi reputo un fortunato testimone.

Ecco, c’è qualcuno che nella realtà è diverso da come appare, nel bene e nel male?

Si... c’è qualcuno che predica bene e razzola male! Anche se devo riconoscere che a sbagliare sono stato spesso io, specie nel passato quando ero più giovane; sono rimasto deluso quando ho cercato qualcosa di più di una collaborazione artistica, con alcuni dei big con cui ho lavorato, e ho ricevuto molto meno, sul piano personale ed umano, di quello che mi aspettavo... ma, ripeto, sono io che a volte ho frainteso e mi sono esposto troppo nel cercare di tirare fuori non solo la musica, ma anche i sentimenti, con tutti i rischi che la cosa comporta. Non sempre la persona che hai davanti è disposta a corrispondere a questa cosa, al tentativo di far nascere un’amicizia, e questo vale per ogni ambito lavorativo e con ogni tipologia di persona con cui ti ritrovi ad interagire. E più ti esponi, più alte sono le aspettative. Col tempo ho imparato a dosare di più quello che metto sul “piatto”, al margine della componente musicale e a prescindere dalla notorietà delle persone con cui lavoro. E’ capitato e capita, a volte, che dalla collaborazione professionale nasca anche un’amicizia, ma sono consapevole che non è sempre possibile, e quindi cerco sempre di non avere un’idea a priori su come potrebbe svilupparsi un rapporto. Con Ruggeri ad esempio è nata una splendida amicizia. Enrico mi ha insegnato moltissimo sul fronte musicale e importante è stato anche l’arricchimento umano che è derivato da un rapporto che dura davvero da una vita.

E ti è mai capitato il contrario, ovvero di aver avuto un’idea negativa di una persona, piacevolmente smentita, poi, al momento della conoscenza diretta?

Certo, è capitato anche questo, a dimostrazione del fatto che non bisogna mai sviluppare preconcetti sulla scorta delle dicerie o delle voci di corridoio. Non dimentichiamoci che quando si fa musica, quando si fa arte, la posta in gioco è molto alta: metti a disposizione degli altri, condividi con altri artisti, la tua anima... da cui ciascuno ne trae qualcosa, nel bene e nel male. Quando si decide di intraprendere una collaborazione, le esperienze e le voci di qualcun' altro contano poco, perché il rapporto che ciascuno di noi è in grado di instaurare con chiunque, è personale e soggettivo, e l’esperienza che io ho avuto con un dato artista, famoso o meno, può essere diametralmente opposta rispetto a quella di qualcun altro. Quando si tratta di lavoro, e di Arte, bisogna fare affidamento solo sulla propria onestà intellettuale, e sul ventaglio di possibilità e opportunità che offre un' interazione tra professionisti, e prima ancora tra essere umani.

Stiamo parlando di un mondo estremamente complicato in cui, da quanto mi dici, si riesce a coniugare bene professionalità e amicizia ma con il giusto equilibrio tra coinvolgimento emotivo e distacco professionale...

Assolutamente. A volte si riesce, a volte no. Se tra musicisti c’è un rapporto di amicizia, perché, come nel caso dei Sottosopra, si suona insieme da più o meno gli stessi anni, si sono fatte esperienze in ambiti condivisi, si è cresciuti insieme... il fare musica ne risente in positivo e ne trae vantaggio, perché si affronta meglio la componente della fatica, del lavoro estenuante in sala prova, dei viaggi, delle attese... la convivenza tra opinioni è più libera, per cui la musica può diventare un ulteriore motivo per coltivare un rapporto umano e perpetuarlo nel tempo.

I sottosopra "2"

I musicisti tendono ad avvicinarsi, a condividere esperienze, momenti vissuti, punti di vista... è una questione di interessi comuni...

di affinità elettive ...

... esatto, se poi nasce anche un’amicizia, si crea davvero qualcosa di straordinario. La musica può giustificare, consentire la nascita di un' amicizia, ecco perché, difficoltà e sacrifici a parte, quello del musicista è un mestiere privilegiato.

Come valuti l’odierna situazione della musica italiana? Cos’è cambiato rispetto ai tuoi esordi?

Quello che noto oggigiorno, è che chi si avvicina alla musica, lo fa con l’intento prioritario di avere successo, di guadagnare notorietà... quando invece l’obiettivo principale dovrebbe essere innanzitutto quello di imparare a farla, la musica... sia che si tratti di imparare a suonare uno strumento, sia che si tratti del canto, della composizione etc. etc. Se frequenti un qualsiasi social network, noti che tutti spingono, scalpitano per la visibilità. Per carità l’ambizione è fondamentale, specialmente per i giovani, in cui si mischia agli ormoni... ma dietro la voglia di “sfondare” ci deve essere innanzitutto l’intenzione di fare bella musica, di avere in mano un disco bello e rappresentativo del proprio linguaggio e della propria Arte. Bisogna essere prima di tutto appassionati. Quello che deve succedere, se deve succedere, capita anche senza che si debba andare a bussare costantemente a tutte le porte. Forse per un cantante il discorso è leggermente diverso, nel senso che un cantante, un frontman ha più bisogno di avere un riscontro nel pubblico, un feedback da parte di chi c’è intorno, perché è il suo ruolo a richiederlo e prevederlo maggiormente... sicché per quanto concerne il canto la bravura e il talento vanno di pari passo con la capacità di comunicare, ma per un bassista, o un batterista, la voglia di apparire, di fare una figura migliore degli altri... a volte può essere inutile e anche un po’ triste. E’ inevitabile che torni indietro nel tempo e faccia paragoni con l’atteggiamento che invece contraddistingueva, nell’ingresso nel mondo della musica, i miei coetanei... A noi importava prima di tutto ricercare e proporre bei suoni, fatti bene, pensati, e il confronto con gli altri, col mondo esterno, era funzionale a questo, ad avere la conferma che si era sulla giusta strada, che si aveva raggiunto un progresso... adesso invece quello che un giovane musicista implicitamente ti dice è : “ascolta quanto sono bravo”...

la cultura dell’apparire...

proprio così, quando invece il presupposto dell’Arte è l’essere, non l’apparire. E questo oggi è ancora più essenziale, poiché la società, la diffusione dei reality, la presunta facilità di accesso al mondo dell’Arte... hanno fatto passare il concetto errato che tutti abbiamo una possibilità, che tutti siamo nel diritto di dire qualcosa e di esprimerci in campo artistico, anche senza avere alcuna qualità o talento... ecco perché ciò che si è, quello che si ha dentro e che si è coltivato con lo studio sono l’unica alternativa possibile alla mediocrità... sono l’unico strumento con cui far fronte alla cultura dell’apparenza. Non nasciamo tutti Pirandello, sarebbe bello, ma non è così. E se tu fai credere il contrario a un’intera generazione di ragazzi, poi sarà ancora più dura spiegar loro che le cose stanno diversamente, che ci siamo sbagliati e che non tutti possono essere novelli Pirandello.
Bisognerebbe lasciare la passione alla passione. Se da questa poi scaturisce la notorietà, ben venga... ma si può far musica, Arte, offrire al pubblico un mestiere, anche rimanendo nelle retrovie, senza la smania di arrivare.

E’ un po’ il concetto dei quindici minuti di notorietà, che Wahrol sosteneva potessero essere, nel futuro, appannaggio di noi tutti... il problema è che oggi la gente non si accontenta più di quindici minuti... ma vuole ben di più...
Ci si può esprimere in molti modi, in molti più modi rispetto al passato, è la forma dell’espressione che è stata sminuita nel tempo, cosa ne pensi?

Già. Ma la colpa non è di chi si esprime o vuole esprimersi in musica, in Arte. La colpa è di che ha in mano il potere, di chi fa un cattivo uso degli strumenti che consentono a un artista di esprimersi... e la cosa è deleteria nei confronti di chi magari ha più talento e più cose da dire rispetto a qualcun' altro, ma è meno capace di sgomitare. Si rischia di togliere al mondo la possibilità di scoprire un vero artista. L’arte deve essere innanzitutto una forma di espressione, punto. Non deve essere una forma di commercio, o meglio, la diffusione commerciale deve essere secondaria e subordinata rispetto all’artisticità di una persona e dei valori che esprime. I numeri sono importanti, ma non lo saranno mai di più rispetto al concetto di espressione, poiché avremo sempre bisogno di leggere libri, di ascoltare canzoni... di affidarci a chi magari condivide le nostre stesse emozioni, ma è capace o più capace di tradurle sulla carta, sul pentagramma, di fare Arte... insomma.

Ad un giovane, o a tuo figlio che ti dice “io vorrei fare musica, vorrei intraprendere lo stesso percorso che hai fatto tu”, che consiglio senti di poter offrire?

Non ho molti consigli da dare, sai? Forse suggerirei di studiare la teoria, specialmente all’inizio... però sai, l’arte è un concetto talmente soggettivo e talmente inafferrabile, che un consiglio dato sulla scorta di quella che è stata la mia esperienza personale e soggettiva, rischierebbe di bloccare o compromettere il futuro, lo sviluppo artistico di chi magari con la sua individualità è destinato a cambiare, a sconvolgere quello che c’è stato prima (esagero un po’...). Io posso parlare della mia esperienza, di quello che ho imparato dai miei errori, che può magari implicitamente far capire ad un esordiente come funzionano certi meccanismi, ma, ripeto, il percorso di ciascuno è estremamente personale.

Ma tu diresti, al giovane in questione, a tuo figlio, di proseguire per questa strada, di “buttarsi”?

Si... esattamente come hanno fatto con me i miei genitori, i miei maestri, che non mi hanno mai dato veti e mi hanno sempre lasciato libero anche di sbagliare. Io credo che il lavoro grosso che noi “grandi” dovremmo fare per insegnare qualcosa ai giovani, sia a livello culturale; a livello musicale credo che ciascuno sia il miglior insegnante di se stesso. E’ nell’ambito della mentalità e dell’approccio alle cose che chi ha più esperienza è in grado di lasciare un insegnamento. Bisogna leggere e conoscere il più possibile, per avere a disposizione quante più parole si riesca a trovare per esprimere un sentimento o un concetto... bisogna ascoltare quanta più musica possibile, conoscere e frequentare musicisti e artisti di ogni genere, ma questo va fatto anche prima di prendere in mano uno strumento. Tecnica, specie all' inizio, ma soprattutto tanta, tantissima curiosità, voglia di conoscenza.
Ecco, questo è forse l’unico vero consiglio che porta ai risultati...

Grazie

con Al Jarreau al Festival di San Remo 2012