domenica 29 gennaio 2012

Le nostre interviste: MARCO ORSI

Marco Orsi


Come è nata la collaborazione con Francesco e la Corale?

E' nata grazie all'intercessione di Lorenzo Poli, che conosceva Francesco prima di me. Lorenzo mi aveva parlato di questo coro, di questi ragazzi molto bravi con i quali aveva inciso alcuni brani davvero interessanti. Quando poi Francesco mi chiamò per suonare insieme nel giugno 2010 in piazza Duomo a Pavia, abbiamo iniziato la collaborazione. E' stato un concerto molto emozionante, vista anche la scenografia, e devo dire che mi sono trovato molto bene fin da subito, coi ragazzi e con la band.

Vuol dire che è una collaborazione che soddisfa appieno entrambe le parti...

Certo. La soddisfazione e il piacere ci devono essere, in qualunque progetto si è coinvolti. La musica è un forma d'arte, e per rispettarla, bisogna dedicarle non solo la propria presenza, assecondata magari dal fattore denaro, ma anche il proprio piacere ed il proprio coinvolgimento. In tal modo si fa musica in un altro modo, che non sia solo meccanico, cosa che, tra l'altro, credo che la gente sappia percepire.

Ti è mai capitato, ad un dato momento della tua carriera, di dover sacrificare l'aspetto artistico a favore di scelte commerciali, dettate dal solo interesse economico?

Sono sempre stato fortunato nella mia vita, perchè la maggior parte delle cose che ho fatto, hanno sempre avuto una veste artistica di un certo tipo. Certo, mi è capitato che si presentassero occasioni allettanti sul piano economico (come quando mi offrirono parecchi soldi per suonare in un gruppo), ma le ho rifiutate, pensando che l'adesione ad un progetto motivata esclusivamente da ragioni di pecunia, avrebbe comportato uno smacco, un sacrificio sul versante artistico. A giudicare da come sono poi andate le cose, posso dire che mi è andata bene... - sorride -

Beh... direi che ti è andata decisamente bene...

Sicuramente se avessi accettato, avrei guadagnato un sacco di soldi.... ma non sarei stato soddisfatto e quei soldi... sai...

Magari avresti speso un sacco di soldi in psicanalisi... ah ah ah...

Bravo!!!

Presumo anche che se una persona sceglie di intraprendere una professione artistica o di seguire la propria vocazione artistica, non lo faccia perchè ha in mente i soldi...

No, assolutamente.Semmai quelli vengono automaticamente, come conseguenza. Quando suoni, offri una prestazione che viene retribuita, tanto o poco a seconda delle circostanze. Però bisogna stare attenti, perchè se si pensa solo ai soldi, di soddisfazione da quel punto di vista, specie all'inizio, ce ne è ben poca. E' un mestiere molto difficile, e prima di arrivare a certi livelli, in cui anche l'aspetto economico riveste importanza, bisogna faticare molto, in un percorso che è costantemente in salita, e la passione devi sempre averla dentro, qualunque cosa tu faccia. Io non riuscirei a lavorare e suonare solo meccanicamente, perchè quando salgo sul palco, mi voglio divertire e soddisfare come quando misi piede su un palcoscenico la prima volta.


E la soddisfazione non sta sempre dalla parte della moneta...

Sicuramente. A volte per passione si va anche a suonare per pochi soldi, però magari ti diverti molto di più. E’ ovvio, però, che il denaro serva, per cui un musicista, allorché decide di intraprendere un certo percorso e mantenere certi standard, ad un certo punto deve fare scelte anche di natura meramente economica. Però se poi il lavoro c'è ed è costante, e di conseguenza lo sono anche le entrate, ci si può permettere di scegliere l'arte a discapito del denaro, dato che, tra l'altro, una scelta che nell'immediato comporta un minor cachèt o un minor guadagno, può rivelarsi un investimento artistico e quindi anche economico per il futuro. Io stesso quando scelgo di suonare in locali piccoli e contesti modesti, sono consapevole che il danaro coinvolto sia meno, però lo faccio volentieri perchè so e accetto di suonare cose stimolanti ed appaganti emotivamente, artisticamente. Se invece il contesto è più grosso, beh, mi aspetto un giusto compenso per l'opera e la cifra artistica che esprimo. Bisogna cercare di suonare il più possibile, più generi
possibili nei contesti più disparati.

Per tornare al discorso Gospel, da musicista, cosa pensi di questo tipo di Gospel che coniuga il linguaggio e lo spirito tradizionali del Gospel, con sonorità e colori musicali desunti da altri generi, da altri mondi musicali?

Lo considero un genere musicale molto moderno ed interessante, specie sotto il profilo tecnico. Da musicista e da ascoltatore, quando mi trovo ad ascoltare un Gospel tradizionale, caratterizzato dal solo aspetto corale e con una esigua presenza strumentale, tendo ad annoiarmi presto, con tutto il rispetto per una tradizione pregevolissima ed illustre. Invece l'aggiunta e l'arricchimento di una sezione ritmica, la presenza di più colori musicali che sconfinano in altri generi, credo che completino e vivacizzino molto sia l'esecuzione sia l'ascolto. Personalmente mi piace di più. 
Quando Francesco mi ha fatto ascoltare i loro pezzi, per me è stata una sorpresa, un incontro con un mondo musicale che coinvolge ad esempio il funk, e che mi ha ricordato molto il Gospel americano contemporaneo, in merito al quale in aggiunta ai coristi e ai cantanti che sono già di per sé strepitosi , si può godere della presenza di musicisti enormi, che insieme alla eccezionalità vocale, fanno dello spettacolo un qualcosa di unico. Tanto di cappello a Francesco e alla Corale Valla...


 Leggendo la tua biografia, si evince che, specialmente all'inizio, ha avuto un importante ruolo formativo la musica "folk" italiana, ovvero il liscio, probabilmente anche per motivi geografici dato che sei emiliano. E' un mondo che ancora frequenti e che tuttora esercita una certa influenza sulla tua musica?

Guarda, io ho incontrato e conosciuto questo genere negli anni ottanta, che sono stati anni importanti e ricchi non solo per il liscio, per la musica d'orchestra, ma per l'intero panorama musicale. C'era tutto di tutto, si faceva moltissima musica, in ogni ambito. La musica "da ballo" mi ha dato un formazione fondamentale. Mi ha insegnato un mestiere, che oltretutto è un bellissimo mestiere. Si suonava moltissimo,
molto più di ora, e si suonava sul serio, non solo il così detto liscio, ma anche la Samba, il Cha cha cha, tutti i generi "da ballo", sicché ho avuto la possibilità di esercitarmi a di coltivare il mio strumento a trecentosessanta gradi. Ho incontrato e frequentato musicisti eccezionali, di serie A, che poi sono andati in Rai, che hanno avuto carriere straordinarie e che mi hanno insegnato moltissimo. Sono cresciuto con un orchestra importante ed illustre, ora come allora, l'orchestra Franco Bagutti. E ciò che ho imparato, a livello musicale ed umano, mi è servito in tutti i contesti in cui ho avuto la fortuna di suonare, dalla big band ai terzetti o quartetti più semplici, dalle orchestre sinfoniche alle grandi turnè. Certo, ho avuto modo di arricchire la mia crescita ed il mio studio anche in altri ambiti musicali, in altri ambienti, però se non avessi avuto quel genere di formazione iniziale, quel genere di "disciplina", le cose sarebbero state diverse.

E attualmente, com'è la situazione e com'è la tua "posizione" rispetto al liscio?

Attualmente per il liscio la situazione è ben diversa. Si suona meno e peggio, sicché le orchestre spesso non hanno fondi per pagare i musicisti e si ricorre all'uso dell'economico playback. Tant'è. E' un genere che però non ho ancora abbandonato, infatti mi capita ancora di suonare per qualche disco, in studio, molto meno frequentemente rispetto a prima, dato che con l'avvento dei computer e della tecnologia musicale, l'aspetto strumentale, quello dell'esecuzione dal vivo, in studio, è stato fortemente ridotto. Se negli anni ottanta suonavo come batterista in sessanta dischi all'anno, ora mi capita di farlo solo per alcuni. Peccato, perchè la differenza è notevole, tra un disco suonato e un disco "campionato", non tanto a livello di suono, perchè attualmente i suoni che la tecnologia offre sono notevolissimi, ma a livello umano, creativo... poiché il musicista è in grado di dare un contributo di idee, di esperienza, di cuore ben diverso rispetto a ciò che può offrire un programmatore.

Tra le tue innumerevoli esperienze artistiche e professionali, qual'è quella che ti ha dato di più artisticamente e che ti ha indotto a pensare: " d'ora in avanti vorrei fare solo questo nella vita" ? (ammesso che ce ne sia stata una in particolare)

Ho avuto la fortuna di fare molte cose appaganti artisticamente, con diversi artisti anche celebri. Mi viene in mente Ron ad esempio, un artista fantastico che ha scritto pezzi melodici meravigliosi (e io sono un po' un sentimentalone...) col quale condivido un medesimo linguaggio musicale "pop- rock", e col quale ho fatto numerosi dischi ed indimenticabili tour. Una collaborazione che mi ha fatto desiderare che non finisse più e che durasse tutta la vita, visto il livello di gratificazione e di appagamento artistici. Invece è finita, come spesso capita anche per le cose più belle nella vita. Ho poi lavorato con Battiato: che dire, l'arte in
persona... una esperienza imprescindibile, sotto ogni punto di vista, che mi ha regalato l'opportunità di suonare con artisti meravigliosi, di incidere un disco live all'Arena di Verona, di fare un tour in Spagna, dove Battiato è tanto celebre quanto in Italia. E anche durante quei momenti ho provato il desiderio di non fare altro. E invece ho fatto dell'altro, infatti da qualche anno suono con Enrico Ruggeri, altro arista dall' enorme peso musicale ed artistico. Secondo me la cosa che un musicista non deve fare, è fermarsi troppo, in un posto ed in una situazione. Se le tue esperienze sono molteplici, e hai di volta in volta la possibilità di avere stimoli diversi, la tua cultura e la tua voglia di suonare si arricchiscono costantemente. Cambiare, variare i brani, il repertorio, il tipo di live, i contesti, il tipo di pubblico, non ti fa mai incappare nel rischio di annoiarti, di vivere la musica come una routine, con monotonia. Quando c'è la passione, hai voglia di fare più cose e di cambiare...fermarsi per me, significherebbe chiudere, mentre io mi auguro di andare avanti per altri trent'anni...

Anche quaranta...

Magari...

Beh, sarebbe un bel record!!!
Tra i grossi artisti con cui hai collaborato, ce n'è qualcuno con cui il rapporto è proseguito anche giù dal palco, sul versante umano?

Con Enrico. Enrico è uno dei pochi che vive con la sua band, che condivide tutto con i suoi musicisti, alberghi, ristoranti, esperienze... Io sono cresciuto con lui, lavoro dopo lavoro, e il livello di confidenza si è consolidato di più rispetto al tipo di confidenza che ho avuto modo di sviluppare con altri nomi, con cui le esperienze sono state altrettanto belle artisticamente, ma più distaccate umanamente. Ruggeri è un musicista da band, da "famiglia musicale" con cui non si suona solamente, ma si vive.

Tra musicisti, tra grossi turnisti, c'è spazio anche per un senso di rivalità, specie nell'ambito del medesimo strumento?

Da parte mia non c'è e non c'è mai stato. Ripensando alle mie esperienze, credo che a volte capiti di avvertire questo senso di competizione o di invidia da parte degli altri, d' altronde l'invidia c'è in ogni ambito. Pazienza. Devo dire che io l' invidia non solo non la contemplo, ma non la comprendo nemmeno, dato che se un artista è bravo, e merita di fare ciò che fa o di essere dove è in un dato momento, è solo degno di plauso, di ammirazione.

Ti faccio un'ultima domanda sullo stato della musica attuale, sul modo in cui la musica è presentata oggigiorno, specialmente in ambito televisivo dove spopola il modello reality che propone non solo un corredo di artisti, o presunti tali, ma anche un codice, una didattica, un mondo musicale che, a detta ad esempio dei musicisti che ho avuto modo di ascoltare in precedenza, spesso non corrisponde alle dinamiche e alla "effettività" del mondo reale. Tu come vedi questo modo di fare e proporre la musica in cui la visibilità, qualche minuto dinnanzi ad una telecamera, valgono di più di carriere e gavette costruite col sudore e la fatica di anni?

Non lo vedo bene, e non credo che rispecchi la vita vera, specialmente in meritoall'idea che i protagonisti di questi reality si fanno della musica e del suo mondo. Questi ragazzi (perchè sono quasi tutti giovani o giovanissimi) se ne stanno tre mesi in un reality e quando escono pensano già di essere star affermate, pur non avendo alle spalle il palco e l'esperienza che le vere star affermate devono avere. Oggi giorno, la mancanza di bravura e di merito paga solo in certi ambiti, ma sono ambiti in cui si ha una vita artistica, ed anche una celebrità artistica, assai brevi. Se si vuole durare, nel mondo reale, bisogna essere bravi, studiare, migliorare, applicarsi. E questo è il primo concetto che mi propongo di inculcare ai miei allievi, dato che non tutto è reality, non tutto è televisione.


matteo picco

martedì 17 gennaio 2012

NeverEndinGospel Tour 2012 - VOLONTARI! (Santi, Folli, Eroi)


Una iniziativa fantastica, promossa da Davide Cavalieri, collegata a RadioBau & Co. (gruppo Finelco) e Cani&Gatti TV Channell. Per una volta, vista la nobiltà degli intenti, è più importante che si vada a leggere qui, m anche qui...prima di fare qualsiasi tipo di resoconto artistico. 

Abbiamo aderito con entusiasmo all'iniziativa, che ci ha visto e ci vedrà a lungo coinvolti come volontari all'interno di questo mondo in cui siamo entrati grazie all'amicizia che lega Hernan a Davide. Ed eccoci catapultati nel salone consigliare della Provincia di Milano, in C.so Monforte 35, in formazione ultraridotta (per esigenze di spazio...ma presto saremo tutti...n.d.r.) a proporre il nostro repertorio.



Abbiamo presentato per l'occasione: 
"My Life is in your hands" (©Kirk Franklin)
"You Raise me up" (©Josh Groban)
"Feel the Spirit" (©Francesco Mocchi)
"My desire" (©Kirk Franklin)




fmgm